domenica 24 marzo 2013





Seconda parte della nostra inchiesta sulle Escort. Oggi ripercorreremo la storia di questo fenomeno sociale


Chi erano ieri
Il mestiere della prostituta, da un punto di vista storico certo, risale almeno all’epoca dei Babilonesi e dei Sumeri (dal IV al II Millennio a. c.), ma la Bibbia riporta fatti correlati alla prostituzione assai più antichi (Deuteronomio, quinto libro del Pentateuco o Torah). I testi biblici però, si sa, vanno presi con le molle perché spesso usano un termine per intenderne uno di significato assai più nascosto (simbolismo).
In ogni caso, a Ur, Uruk e a Babilonia, la prostituzione era una possibile (e consentita) attività lucrativa temporanea per le ragazze che dovevano o volevano farsi una dote in previsione del matrimonio. A Babilonia, tuttavia, esisteva una legge secondo la quale, almeno una volta nella loro vita, le donne dovessero recarsi presso il Tempio della Dea dell’Amore, Ishtar e lì concedersi a chiunque gettasse loro delle monete. Tuttavia, è dall’Antica Grecia che si hanno i primi segni tangibili di questa attività, praticata in forma libera e più o meno autonoma (casa propria o case di tolleranza), sia da maschi che da femmine, soprattutto nelle città portuali. Ma, nella maggior parte dei casi, almeno per quanto riguarda le donne, era un’attività temporanea utile per accumulare ricchezze da portare in dote al matrimonio. Nell’antichità, comunque, il sesso non era considerato un peccato e mai nell’atto sessuale è stato intravisto alcun tabù. In ogni caso, esistevano almeno quattro diverse figure “professionali” di prostitute: le porné (vendute) ovvero schiave comprate dallo Stato per la polis al mercato che esercitavano il mestiere nelle case chiuse statali e che erano perciò registrate e schedate; poi c’erano le ambulatrices passeggiatrici), donne libere di esercitare in forma del tutto autonoma; le etère (compagne, amiche), donne di classe, colte, che partecipavano attivamente alla società come studentesse e frequentatrici di personaggi pubblici. Solitamente non concedevano il proprio corpo in cambio di denaro ma di doni o prebende; infine le prostitute “sacre” o hyerodule, dedite all’adorazione della Dea dell’Amore Afrodite. Esercitavano la loro professione nel Tempio della Dea, in uno scenario simbolico, liturgico e rituale esclusivamente religioso, pertanto la loro attività era considerata di altissimo valore per le attività e le ambizioni di Stato. Le etère erano, naturalmente, maestre nelle arti erotiche delle quali custodivano segretamente le tecniche.



Una prima svolta a queste usanze, avvenne nel Periodo Classico della Grecia, e precisamente nel IV secolo a. C., quando un politico della nobiltà ateniese, Solone, il Padre della Democrazia Greca, promulgò una legge secondo la quale la dote per sposarsi non era più necessaria. In realtà, sotto questa Legge c’era la volontà dei democratici ateniesi di istituzionalizzare la dignità dell’uomo e della donna, abolendo la prostituzione maschile ma incoraggiando quella femminile “rinchiudendola” così in case di tolleranza finanziate dallo Stato: le prostitute, per legge ormai “svincolate” dalla necessità di farsi una dote, erano sì ancora libere di esercitare ma diventavano a quel punto responsabili e consapevoli di farlo per decisione personale, quindi furono obbligate a portare un distintivo laccio rosso al braccio. Religione, democrazia e socialismo, come notiamo - e come vedremo più avanti -, non sono mai andate tanto a braccetto con questa attività, tanto che nell’alienarla dal contesto civile, sociale e legale l’hanno resa, più che spesso, preda dei peggiori criminali.
A Roma lo status professionale era costituito dalle meretrix (meretrici, versione romana delle etère greche), cortigiane di lusso per gli abbienti che spesso operavano in case patrizie. Il ceto inferiore si rivolgeva, invece, alle lupae (da cui i lupanari), piccole celle semibuie sulla cui porta d’ingresso “la lupa” affiggeva un cartello a tema erotico con illustrato il tipo di prestazione erotica e il prezzo. A metà strada tra i lupanari e le case private delle meretrici c’erano i postribula (postriboli), bordelli gestiti dallo Stato cui l’Imperatore Caligola fece disporre il pagamento di apposite tasse. Fuori dall’Urbe, lungo le vie maestre e nei piccoli centri, esistevano dei luoghi adibiti a tale attività presso osterie, locande, terme e sotto gli archi (fornices, da cui il verbo fornicare), degli edifici pubblici.
In Europa, ai tempi di Carlo Magno (768 d. C.), esistevano i bordelli di corte, mentre in Inghilterra nacquero ai tempi di Enrico II che li istituì ufficialmente nel 1161. Nel periodo Medievale, a Roma una prostituta di nome Marozia ascesa nelle grazie di papa Gregorio V, portò alla corte vaticana un gran numero di colleghe meretrici che servirono preti, vescovi e cardinali. Marozia e il suo staff assunse un potere così grande da controllare molte attività di Roma, tanto che per il periodo di un anno si parlò di pornocrazia, o potere alle prostitute. Tuttavia, tale decadenza, fornì legna da ardere al Tribunale della Santa Inquisizione che, a partire dal 1251, iniziò una dura repressione contro i “costumi corrotti” non soltanto della Chiesa Cattolica Romana ma anche nei confronti di tutte le istituzioni laiche e popolari. Successivamente, grazie all’intervento  equilibratrice operato da San Tommaso e da Sant’Agostino (“si deve colpire il peccato con la temperanza, non il peccatore con la violenza”), la prostituzione potette  usufruire di altalenanti periodi di tolleranza e di repressione, sino al Rinascimento messo in moto dalla filosofia dell’Umanesimo (libertà della persona), periodo che vide la ripresa di questa attività con grande fervore. In questo periodo nasce il concetto di cortigiana, donna colta ed elegante che fa del fine ed educato modus vivendi la sua caratteristica principale per entrare nelle grazie di nobili e potenti. Il Periodo Illuminista, fu anch’esso una fase di grande espansione legalizzata della prostituzione sino a Napoleone Bonaparte, il primo politico che riuscì a regolamentare la prostituzione dal punto di vista legislativo, obbligando i bordelli ad adeguarsi a misure igieniche precise e a fornire l’obbligo di controlli medici. Nel 1904 ci fu il primo accordo internazionale contro lo sfruttamento della prostituzione, mentre nel 1910 la prima legge contro la “Tratta delle bianche”.




In Italia, durante il periodo fascista (1922-1945) i bordelli o case chiuse o case di tolleranza, furono imposte dal Duce nuove regole: della prestazione il 50% andava al tenutario mentre l’altro 50% rimaneva alla prostituta che però doveva pagare il “collocatore” ovverossia la persona che l’aveva reclutata; le visite ginecologiche dovevano avvenire con regolarità e i servizi sanitari e l’igiene dovevano essere rispettate e garantite; alle case di tolleranza era dato accesso solo ai maggiorenni; erano vietati il linguaggio scurrile e gli abiti trasandati. Tuttavia, dal 1933 al 1958, in Spagna, Francia, Germania e Italia (legge Merlin del 1958) i bordelli furono chiusi e le prostitute quindi costrette a entrare in clandestinità e promiscuità professionale. Tale condizione, ha reso la maggior parte delle prostitute vulnerabili allo sfruttamento, sia di singoli ruffiani che di organizzazioni malavitose rendendole, nella maggior parte dei casi, delle vere e proprie schiave. Consenzienti o meno. Questa condizione di schiavitù e di sofferenza fisica e morale indotta, oltre a render misera la condizione di queste donne, ha reso la prestazione offerta un qualcosa di meschino, di meccanico, di semplice meretricio, senza quindi possibilità alcuna di rapporto o interrelazione sociale, né tantomeno come semplice scambio di complicità e confidenza. Tuttavia, a partire dai moti del 1968, con l’inizio di una nuova emancipazione femminile, si è assistito ad un ritorno alla libera sessualità, fatto che ha permesso l’esercizio della prostituzione come libera scelta dell’individuo. Almeno nella teoria.

fine seconda parte

Vi lasciamo con un altro video a tema escort... buon divertimento ;-)




Nessun commento:

Posta un commento